Uno dei protagonisti del XVIII secolo, Francois Marie Arouet, meglio noto come Voltaire, disse di un prete:

“Non ho che pochi giorni da vivere, Signore, li passerei a leggerla, a studiarla, a guardarla come il primo naturalista d’Europa”.

Quel prete si chiamava Lazzaro Spallanzani. Sconosciuto ai più, ma non a Voltaire, e nemmeno al grande Pasteur (che pare avesse un suo ritratto sul caminetto di casa), e infine, nemmeno al famoso letterato francese Visto Hugo, che nel suo libro L’ultimo giorno di un condannato a morte fa un importante riferimento al prete.

Ma perché non viene ricordato? Forse perché durante tutto l’Ottocento si voleva dimostrare che la figura dello scienziato dovesse essere quella di una persona slegata da qualsiasi dimensione religiosa. Eppure per essere stato citato dal grande anticlericale del tempo Voltaire non deve essere significato poco. Ma quali sono stati i suoi meriti?

Nato nel 1739 in provincia di Reggio Emilia, a 15 anni, Lazzaro, fu mandato a studiare al Collegio dei Gesuiti, di cui farà per sempre parte, anche se il movimento a fine Settecento venne sciolto. Sin da giovane venne considerato dai suoi maestri come un ragazzo pieno d’ingegno. Il padre lo volle avviare agli studi giuridici nonostante il giovane fosse attratto da tutt’altre leggi, quelle della fisica e della biologia. Durante il suo percorso formativo accade questo: il giovane Spallanzanii fu aiutato nei suoi studi da Laura Bassi, una sua cugina, che fu inoltre la prima donna in Europa ad ottenere una cattedra di Biologia e Fisica presso l’Università di Bologna, su richiesta del Papa Benedetto XIV.

Avviato quindi agli studi matematici, giunse a dirigere la cattedra di Fisica e Matematica all’Università di Reggio Emilia (allora aveva 28 anni). 28 furono anche gli anni di vita religiosa, che lo Spallanzani decise di coronare con l’ordinazione religiosa.

Il “Galileo della Biologia” o “Il Principe dei Biologi”

Il giovane gesuita era noto soprattutto per i suoi studi sulla generazione spontanea dimostrando che anche attraverso l’aria potessero nascere dei microrganismi in cibi avariati o direttamente dal fango, purché la temperatura fosse sufficientemente calda perché la vita potesse generarsi.

Grazie a queste scoperte egli fu catapultato nelll’elite scientifica d’Europa dove fu ammesso, nel 1768, a quella che stava diventando la più importante istituzione scientifica dell’epoca, la Royal Society.

Di grande importanza furono i suoi studi sulla circolazione sanguigna. Spallanzani approfondì questi studi iniziati con Harvey nel 1628, riuscendo a dimostrare il fenomeno della circolazione capillare, la velocità del flusso sanguigno e l’esistenza di bolle d’aria nel sangue. Fondamentali furono i suoi studi sull’aparato digerente, riuscendo a capire, tramite l’analisi delle proprie feci e del suo vomito l’esistenza dei succhi gastrici.

Per quanto riguarda la respirazione, dopo Lavoisier e Lagrange, che compirono studi fondamentali per capire i meccanismi della respirazione, Lazzaro Spallanzani scoprì che è tutto l’organismo a partecipare della combustione che noi chiamiamo respirazione.

Infine, viene considerato uno dei padri della vuolcanologia.

Vita religiosa

La vita religiosa di Spallanzani, così come quella, per fare solo alcuni nomi, di Stenone, il padre della geologia, e di Mendel, è stata scarsamente studiata, forse perché troppo grandi e numerosi sono stati i suoi interessi scientifici, perché gli storici indagassero oltre. Però sappiamo che Spallanzani ebbe un continuo rapporto, tutta la vita, sin da piccino, con gli ambienti ecclesiastici, da cui ricevette educazione e stima, che fu uomo «di principi altamente religiosi», che mai tralasciò «gli obblighi del culto, celebrando quotidianamente la messa».

L’eredità di Lazzaro Spallanzani

Con lui scompariva un uomo che aveva segnato profondamente il suo tempo, Spallanzani rappresentava il modello di una cultura che affiancava lo studio delle lettere classiche, della filosofia e della teologia a quello delle discipline scientifiche, all’interno di una visione unitaria della conoscenza che consentì un approccio estremamente fertile e che nella realtà contemporanea sembra e sere andato perduto, lasciando il posto ad una falsa alternativa, se non contrapposizione, tra studi “umanistici” e studi “scientifici”.

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