Lo scherzo di Don Bosco quando tentarono di portarlo in manicomio
San Giovanni Bosco nella Torino di metà Ottocento non solo dovette curarsi della gioventù abbandonata di allora ma dovette subire diversi attacchi esterni contrari al cattolicesimo.
Tra i suoi sogni, che spesso divennero vere e proprie profezie, dovette prendere spesso decisioni importanti come quella decisiva di istituire nel 1845 la Società Salesiana attraverso le scuole serali per formare «onesti cittadini e dei buoni cristiani» con il fine ultimo che più di ogni altro gli stava a cuore: la salvezza delle anime.
Purtroppo durante questa sua opera monumentale non furono soltanto le autorità civili a dare del filo da torcere alla Società Salesiana ma anche i sacerdoti che si erano messi in testa che Giovanni Bosco stesse dando i numeri, e che tutto questo affaccendarsi appresso ai ragazzi fosse una vera mania.
Sebbene per noi il fatto stesso di creare delle scuole notturne per ragazzi sia di per sé rivoluzionario per quell’epoca molte persone vedevano in tutto questo impegno un eretico pazzo che stava semplicemente cercando di sottrarre i bambini dal luogo naturale dove dovevano crescere: la parrocchia.
Iniziò a circolare la voce che Don Bosco fosse un pazzo
Alcuni, infatti, andarono a trovarlo e, con tutta carità, presero a dirgli:
– Caro don Bosco, tu, capiscilo, comprometti il carattere sacerdotale! Con le tue stravaganze, con l’abbassarti a prendere parte ai giochi di quei monelli, con l’accompagnarti con loro per le vie e per le piazze, perdi il tuo decoro, desti ammirazione, ti fai ridere appresso!
E siccome don Bosco, sicuro dell’Opera sua, dava segno di non essere persuaso della logica di quegli avvisi, essi andavano continuando:
– Ma tu hai perso la testa! Non ragioni più! Povero e caro don Bosco, non bisogna ostinarsi…Tu non puoi fare l’impossibile! Non vedi che anche la Provvidenza è contraria alla tua opera e che non trovi nessuno che ti voglia affittare un locale?
– Oh la Provvidenza! – esclamò a questo punto don Bosco alzando le mani al cielo -, la Provvidenza mi aiuterà! Lei mi ha inviato questi ragazzi e io non ne respingerò neppure uno, ritenetelo bene! Voi siete in errore, la Provvidenza farà tutto ciò che è necessario. E poiché non mi si vuole affittare un locale, ne fabbricherò uno io con l’aiuto di Maria Santissima. Vi saranno vasti edifizi, con scuole, laboratori, officine, di ogni specie, spaziosi cortili e porticati…una magnifica chiesa. E poi, anche chierici, catechisti, assistenti, professori, capi d’arte, e numerosi sacerdoti. Vedrete, vedrete…
All’udire tali parole, quei suoi amici si sentirono profondamente commossi. Essi vi vedevano una prova certa della pazzia del loro amato collega, e se ne andarono crollando il capo e ripetendo fra loro:
– Poveretto! Davvero gli ha dato di volta il cervello! Occorre subito provvedere.
Don Bosco attendeva gli eventi, pronto a ogni più dura lotta.
Quei tali, presi gli accordi con la Curia Vescovile, andarono a parlare col direttore del manicomio. Ottenuto un posto al creduto pazzo, due di loro, i più svelti e coraggiosi, accettarono di eseguire il pietoso disegno.
Presero a nolo una vettura chiusa, si recarono all’abitazione di don Bosco e, fatti i primi convenevoli, lo invitarono a una passeggiata dicendogli:
– Un po’ d’aria ti farà bene, caro don Bosco; vieni, abbiamo qui una carrozza che ci aspetta.
Il Santo si avvide subito del gioco che gli volevano fare, ma accolse l’invito esclamando:
– Corbezzoli!…una carrozza!…Evviva la carrozza!….Veramente non ci sono assuefatto, ma via!…andiamo.
Giunti alla vettura, lo invitarono a entrare per primo; ma egli si scusò dicendo:
– No! Sarebbe una mancanza di rispetto per parte mia. Favoriscano loro per primi.
Quelli salirono senza alcun sospetto, persuasi che don Bosco li avrebbe seguiti; ma egli, appena li vide dentro, chiuse con fragore lo sportello, gridando al cocchiere:
– Presto!…al manicomio!!! Il vetturino sferza il cavallo, e più veloce che non si dica, giunge alla mèta ove, trovato il portone spalancato e gli infermieri pronti in attesa, entra di corsa.
Il custode chiude prontamente il portone; gli infermieri circondano la carrozza, aprono gli sportelli e invece di un pazzo ne vedono due.
Quantunque entrambi protestassero energicamente, furono condotti al piano superiore, ed essendo assenti medici e direttore, perché era l’ora del mezzogiorno, dovettero adattarsi a pranzare coi ricoverati. Solo verso sera, chiarito l’equivoco, poterono essere messi in libertà.
La cosa fece in un baleno il giro della città, e da quel giorno si corressero le idee nei riguardi del Santo, e l’ammirazione verso di lui s’accrebbe assai.