Sant' Alberto Chmielowski, il santo che ispirò la vocazione di San Giovanni Paolo II
Trai santi nati nella Chiesa polacca spicca sicuramente per la sua radicalità evangelica e la sua dedizione per i più poveri il cosiddetto “San Francesco del XX secolo”: Sant’Alberto Chmielowski, il santo che ispirò la vocazione di San Giovanni Paolo II.
Adamo, questo il suo nome di battesimo, nacque un 20 agosto del 1845, in una famiglia nobile e morì tra i più poveri di Cracovia verso i quali dedicò tutta la sua vita.
Bellezza e arte occuparono gran parte della sua giovane vita mondana, tanto da avere qualche soddisfazione grazie al suo talento da pittore, ma la via della croce la scoprì grazie all’incontro con Cristo che, dopo i primi tentativi nella Compagnia di Gesù, lo condusse nelle file del Terz’Ordine Francescano, da dove prese il suo inizio la vocazione albertina.
Wojtyla e la sua vocazione
La storia di questo santo (conosciuto col suo nome da religioso: fratel Alberto) commosse e ispirò un altro giovane che coltivava la passione per l’arte e la recitazione, spingendolo ad abbandonare il teatro per dedicarsi completamente al Dio: parliamo del giovane Karol Wojtyła.
Riflettendo sulla sua vocazione sacerdotale e sulla sua radicale scelta di rompere col teatro per seguire la chiamata di Dio, Wojtyła afferma che la figura di fratel Alberto Chmielowski ha giocato un ruolo “determinante” offrendogli un esempio da seguire ed incoraggiandolo a compiere una “svolta radicale” nella propria vita:
“Per me la sua figura è stata determinante, perché trovai in lui un particolare appoggio spirituale e un esempio nel mio allontanarmi dall’arte, dalla letteratura e dal teatro, per la scelta radicale della vocazione al sacerdozio.”
A 17 anni (1863), essendo uno studente della scuola di agricoltura, partecipò alla lotta insurrezionale per liberare il suo paese dal giogo straniero, e in quella lotta subì la mutilazione di una gamba.
Dopo aver scelto il nome di Alberto e indossato il saio francescano, pur essendo un laico, andò a vivere in un vecchio appartamento a Cracovia che spesso condivideva con poveri e vagabondi che incontrava per strada assicurandogli vitto e alloggio. Alberto continuò a dipingere concentrandosi su quella che fu l’opera più importante della sua vita (e che fu poi posto accanto alla sua tomba): l’Ecce Homo. A questa tela aveva dedicato molto tempo e sforzo, senza riuscire a dare il giusto volto a quel Cristo che univa in sé la regalità di un Dio e la miseria di un uomo condannato a morte.
L’incontro con un senzatetto che ospitò nel suo appartamento offrì ad Alberto l’occasione per scoprire definitivamente la sua vocazione. Fu quel ragazzo a portare il pittore nel “luogo del riscaldamento”, un dormitorio pubblico, diviso in due cameroni per maschi e femmine, che la città di Cracovia aveva messo a disposizione come rifugio per i poveri durante l’inverno. La visita a quel luogo di miseria fu per Alberto una vera “discesa negli inferi”: lì conobbe e toccò con mano ciò che era considerata la “spazzatura del mondo”, i rifiuti e gli scarti della società.
La congregazione di Frati e Suore “buoni come il pane”
Nel 1888 fondò la congregazione di “Frati del III Ordine di S. Francesco, Servi di Poveri” che vennero presto chiamati col nome del loro fondatore: gli “albertini”. Grazie alla sua spinta vennero eretti dormitori, ma anche orfanotrofi, asili per anziani, case di assistenza sociale e “cucine per il popolo”. Ai suoi frati e suore soleva ripetere: “Bisogna essere buoni come il pane” per nutrire gli affamati, un pane buono che si spezza e si moltiplica, un pane “che ognuno può prendere per soddisfare la propria fame”.
Incontrò Lenin
Sembra che il santo nella sua vita ebbe la possibilità di incontrare il leader della Rivoluzione Russa Lenin, con il quale ebbe a discutere su poveri e giustizia sociale. Ma di quell’incontro non sono rimasti ne foto ne documenti ufficiale che possano testimoniare il fatto.
Alberto fu beatificato il 22 giugno del 1983 a Cracovia e canonizzato il 12 dicembre del 1989 in Vaticano dal papa connazionale San Giovanni Paolo II che disse di lui: “Non fu soltanto uno che fa la carità, ma divenne fratello di coloro che egli serviva. Il loro fratello. Il fratello grigio, come era chiamato”.