Santa Teresa di Lisieux
Cosa significa fare la Volontà di Dio? Esiste un brano antologico tratto dalla Storia di un’anima di Santa Teresa di Gesù Bambino che ci è molto utile per capire come vissero i santi il fatto di “amare la volontà di Dio”.
“Da qualche tempo mi ero offerta a Gesù Bambino per essere il suo giocattolino. Gli avevo detto di servirsi di me non come di un giocattolo costoso che i bambini si limitano a guardare senza osare toccarlo, ma come di una pallina di nessun valore che poteva gettare in terra, spingere con i piedi, bucare, lasciare in un angolo, oppure stringere al cuore se questo gli faceva piacere; insomma volevo divertire il piccolo Gesù, fargli piacere, volevo abbandonarmi ai suoi capricci infantili. Egli aveva esaudito la mia preghiera. (…) Gesù bucò il suo giocattolino: voleva vedere cosa c’era dentro e dopo averlo visto, contento della sua scoperta lasciò cadere la sua pallina e si addormentò. Cosa fece durante il suo dolce sonno e cosa ne è stato della pallina abbandonata? […] Gesù sognò che si divertiva ancora con il suo giocattolo; ora lo lasciava ora lo prendeva, e dopo averlo fatto ruzzolare ben lontano se lo stringeva al cuore, e non permetteva più che si allontanasse dalla sua manina” (Storia di un’anima, p. 178).
Secondo Don Mauro Leonardi, nel suo libro, Mezz’ora di Orazione, il disegno profondo della volontà di Dio è quello di identificarci sempre di più con suo Figlio Gesù. Crescere nella filiazione divina è essere sempre di più figli nel Figlio, è accogliere il lavoro dello Spirito così che la nostra vita e quella del Verbo Incarnato, divengano sempre più una sola cosa, per quanto sia possibile alla nostra debolezza umana.
Ricordiamoci che fare la volontà di Dio significherà molto spesso andare incontro al dolore. “Quando la sua ora stava per compiersi, ai suoi apostoli che cercavano di sottrarlo alla croce Gesù ha detto invece di essere venuto proprio per quell’ora. Noi possiamo rivolgere adesso la nostra attenzione all’aspetto della nostra vita che più sentiamo estraneo alle nostre scelte: “Tutto ma non questo, questo proprio non me lo aspettavo, fosse per me questo non lo avrei mai fatto”. Gesù affronta la sua ora in piena serenità e pur sapendo a quali orribili atrocità andava incontro.
Insomma, ricordiamoci che tutto ciò che ci accade è per volontà di Dio, tranne quando siamo noi a peccare personalmente attraverso i nostri atti. Ma anche le conseguenze del peccato sono volute da Dio e, appena ci si pente, Dio ordina gli effetti di quel peccato al bene. Egli ha voluto tutte le circostanze della nostra nascita, della nostra crescita e della nostra educazione; ha voluto le qualità buone o cattive che abbiamo; ha voluto anche i nostri errori ed i nostri insuccessi. Detto meglio, Dio ha “permesso” che noi cadessimo nel peccato, non li ha voluti.
A volte una non umile comprensione di quale sia il compito affidatoci dal Signore può, paradossalmente, rendere più difficile fare la sua volontà.
Madre Teresa di Calcutta
“Alcune settimane fa, uno dei nostri fratelli (voglio dire, dei Fratelli Missionari della Carità) venne a farmi visita, carico d’angosce e di preoccupazioni, e mi disse: “La mia vocazione consiste nel lavorare per i lebbrosi (infatti è una persona che ama molto i lebbrosi). Voglio consacrare la mia vita e tutto il mio essere alla cura dei lebbrosi” [per motivi contingenti aveva dovuto allontanarsi da tale compito per assumerne uno più organizzativo, ndr]. Io gli risposi: “Fratello, ho l’impressione che lei stia commettendo un errore. La sua vocazione è quella di appartenere a Gesù Cristo. È lui che l’ha scelta per sé stesso. Il lavoro non è che un mezzo per mettere in azione il suo amore per Lui. Per cui non conta tanto il lavoro che lei svolge quanto il fatto che lei appartiene, che lei è di Gesù e che Egli le concede tutti i mezzi per fare quello che fa Lui”. Non ha alcuna importanza che cosa facciamo o dove ci troviamo, fin tanto che non ci scordiamo di noi e viviamo tutti per Gesù, comprendiamo che siamo suoi, che è Lui che dobbiamo amare. Che lavoriamo tra ricchi o poveri, con persone dell’alta società o del basso ceto, non è questo che conta” (Madre Teresa).
A noi cosa è richiesto?
A noi non è richiesto fare giusto e perfetto il mondo: quello è compito di Dio. A noi è richiesto lo sforzo per essere, ciascuno per sé stesso, più giusto e migliore. Ma ricordiamoci sempre che la storia è nelle mani di Dio e noi dobbiamo cercare di fare quotidianamente tutto ciò che possiamo quotidianamente fare.
A questo punto non facciamo nulla, se tutto dipende da Dio?
No! È necessario cioè lavorare come se tutto dipendesse da noi, sapendo che tutto dipende da Dio. La ragione cristiana, la ragione povera, è una ragione leale: accetta le misure (qui è la povertà) tutta e solo quell’opera che Dio chiede all’uomo di realizzare.
Don Mauro Leonardi nel suo libro ci suggerisce di “Giocare al gioco di Dio” perché tale scelta “porta serenità se non a volte divertimento. Sapersi divertire non dipende dalle carte che la Provvidenza distribuisce. A volte nella vita si hanno carte bellissime, con le quali è impossibile perdere la partita; altre volte sono brutte ed è impossibile vincerla. Ma la felicità, la bellezza, non dipende dalle carte. La felicità dipende dal sapere giocare al meglio nella situazione concreta nella quale Dio mi ha messo.”
In sintesi, secondo Don Leonardi, “giocarci bene la nostra partita quotidiana dà la soddisfazione che dà aver fatto la volontà di Dio. È Dio che distribuisce le carte e dà l’intelligenza delle mosse. Ecco perché dobbiamo divertirci con le carte che abbiamo”.