Così come i sacerdoti accompagnarono gli ignoti viaggi di Magellano e di Cristoforo Colombo verso le Indie, lo stessa idea venne in mente quando vi fu il primo sbarco dell’uomo sulla luna: portare i primi sacerdoti nello spazio costruendo una “Cappella Lunare”.

L’idea di una Cappella Lunare si fece strada in un articolo del New York Times Magazine pubblicato il 28 maggio 1967, chiamato “Moon Colony 2000 AD”, in cui il famoso autore di fantascienza Isaac Asimov espose su cosa una colonia lunare all’alba del 21° secolo potesse assomigliare. La sua colonia in gran parte sotterranea includeva lo spazio per una cappella. 

Terence J. Mangan, allora prete oratoriano, prese quel progetto fantasioso e immaginò una chiesa che avrebbe aiutato un colono lunare “a integrare la sua fede e la sua scienza, per sintetizzare la sua visione dell’universo con la sua visione di Dio e di se stesso. Per raggiungere questo obiettivo, tutte le intuizioni delle scienze umane e quelle delle scienze fisiche dovevano essere messe in gioco “.

La struttura

La struttura fu immaginata come una “tenda inguainata” con cemento armato con le pareti ricoperte di pellicola. Cavi leggeri ricoperti di plastica opaca scendevano dal tetto della “tenda”, con un piccolo foro in alto che avrebbe fornito luce naturale, permettendo “l’osservazione dei corpi celesti”. Questo buco in cima  sarebbe stato l’unico punto della cappella a toccare la superficie della luna, con l’intera struttura incorporata sottoterra in ciò che gli autori chiamavano curiosamente “il ghetto della luna”.

Infine, la completa assenza di colonne di sostegno interne o di un baldacchino sopra l’altare significherebbe che una volta entrata la luce all’interno, non ci sarebbe stato nulla che impedisse di raggiungere qualsiasi spazio nella chiesa. 

Il prete “abiterà la sua cappella ai margini dello spazio e aiuterà ad aprire le porte a una dimensione completamente nuova dell’esistenza umana”.

Inoltre, aveva affermato padre Stevens, i preti avrebbero svolto un ruolo cruciale nel garantire che l’esplorazione dello spazio non fosse semplicemente una questione di conquista materiale ma di crescita spirituale per tutti gli esseri umani.

Come una sorta di oasi in una colonia lunare che gli autori immaginavano essere una città rumorosa e industrializzata piena di fabbriche e mezzi per l’estrazione di materie prime, la “Moon Chapel”, la Cappella Lunare, fu esplicitamente progettata come un luogo separato dalla vita quotidiana della città.

Un Pantheon Lunare

Una sorta di Pantheon lunare, dove la cupola forata, a contatto con la superficie lunare, avrebbe dato la sensazione simbolica di un oculo Dei, un “occhio di Dio”, che scrutasse l’universo e che desse un assaggio al fedele del potere infinito del Creato.

“Le stelle e i pianeti visibili attraverso questo portale (per non parlare della Terra stessa) dovranno fornire ai fedeli un immediato simbolo visivo di quel viaggio verso il trascendente.”

Ne vedremo una presto su Marte? Intanto preghiamo.

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