La tecnologia è donna? Chiesa e tecnologia sono un binomio che spesso non associamo. Eppure è esistita una donna e suora che è diventata pioniera dell’informatica. Si tratta di Suor Mary Kenneth Keller, prima donna ad essere riuscita a conseguire un dottorato in informatica negli Stati Uniti nel 1965.

Correva l’anno 1965 quando la suora cattolica Mary Kenneth Keller divenne la prima donna a ottenere un dottorato in informatica negli Stati Uniti. La storia di questa suora-tech inizia presso l’Università del Wisconsin-Madison, ma ancor prima era stata anche la prima donna a varcare la soglia della prestigiosa Università di Dartmouth, riservata esclusivamente agli uomini. Qui lavorò nel laboratorio di Informatica e fece parte del team che avrebbe sviluppato il Linguaggio di programmazione BASIC.

Nata a Cleveland, Ohio, nel 1914, all’età di 18 anni iniziò a scoprire la sua vocazione religiosa unendosi alle Suore della Carità, una congregazione in cui avrebbe pronunciato i voti nel 1940. Frequentò i corsi di Matematica presso la DePaul University di Chicago, dove conseguì la sua prima laurea in Matematica e, successivamente, un master in Matematica e Fisica.

Le abilità informatiche di suor Mary Keller furono ancora più evidenti quando riuscì ad accedere all’Università di Dartmouth, fondata nel 1769 dal religioso britannico Eleazar Wheelock e uno delle undici università che gli inglesi fondarono prima della rivoluzione americana.

Seppur consapevole del fatto che prima di allora nessuna donna era riuscita ad accedervi, Suor Mary fece lo stesso domanda, che fu successivamente approvata, diventando così la prima donna ad accedervi dopo 188 anni dalla sua fondazione. Si unì al team di sviluppatori BASIC, il primo linguaggio informatico che si avvicinava a quello della programmazione come la conosciamo oggi,  e che fino ad allora era appannaggio dei soli scienziati e matematici.

Il suo lavoro non fu da poco. Grazie ad esso infatti si posero le basi dei nuovi linguaggi in codice, precursori degli attuali sistemi operativi, come Windows. 

Incoraggiava le donne del suo tempo a introdursi nel mondo dell’informatica, perché “avremo un’esplosione di informazioni disponibili che dovrà essere affrontata”. Sottolineò l’importanza del ruolo dell’intelligenza artificiale e il boom delle opportunità di lavoro in questo campo, dal momento che “per la prima volta, possiamo simulare meccanicamente il processo cognitivo. Inoltre, questo meccanismo può essere utilizzato per aiutare gli uomini nel loro apprendimento. Dato che avremo più studenti nel tempo, questo tipo di insegnamento sarà sempre più importante.” Dopo aver conseguito il dottorato, all’età di 51 anni creò il dipartimento di Information Technology presso la Clarke University, Iowa, dove è stata responsabile per vent’anni della promozione dell’uso delle nuove tecnologie nel campo dell’istruzione. 

Alla sua morte nel 1985 le consorelle parlarono di lei come di una religiosa esemplare, con una vita di pietà incentrata sul mistero della Trinità e sulla ricerca in ogni ambito della volontà di Dio, come testimoniato anche dalle sue lettere e dalle sue carte private. Il computer, scriveva, l’aveva aiutata ad esercitare due virtù: l’umiltà, perché gli errori non sono della macchina ma del programmatore, e la pazienza, nelle infinite operazioni di de-bug”.

Come ricorda Jennifer Head, l’archivista delle Suore della Carità che ha raccolto materiale e testimonianze sulla sua vita, quando si ammalò di cancro, nel 1983, fu ricoverata a Marian Hall, una casa di cura per anziani in Pennsylvania. Si fece portare un personal computer, un Apple IIe, e organizzò un corso per i degenti. La sua classe risultò composta da dodici studenti, di cui quattro in carrozzina, due con le stampelle e uno quasi cieco, età media vicina agli ottanta.

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