Le vite dei santi sono ricolme di interventi miracolosi che si verificano grazie alla “mano di Dio” (non quella di Maradona, intendiamoci). Esistono diversi racconti nelle biografie di santi dove a diventare protagonisti sono stati animali, parte della Creazione, non dimentichiamolo, e il cui intervento ha del miracoloso.

Siamo riusciti a trovarne 5 molto interessanti: 

San Giovanni Bosco e il cane grigio

“Dire che fosse un angelo farebbe ridere. Ma non si può dire nondimeno che fosse un cane come gli altri”. San Giovanni Bosco aveva il suo amico/custode a quattro zampe: il Grigio. Un cane che appariva e scompariva nella sua vita difendendolo dagli attacchi di malviventi o accompagnandolo su strade insicure. 

L’aspetto più incredibile di questa storia, di cui San Giovanni Bosco parla nelle sue Memorie, fu che il Grigio difese il santo non soltanto mentre era in vita ma fin dopo la morte.

San Cutberto e le lontre

Nella sua Vita di San Cutberto il Venerabile Beda racconta un episodio simpatico in cui si dice che il santo “aveva l’abitudine di alzarsi nel cuore della notte, mentre tutti gli altri dormivano, per uscire a pregare tornando giusto in tempo per gli uffici mattutini. […] Egli scese verso la spiaggia sotto il monastero e si immerse nel mare entrando fino al collo nell’acqua profonda […]. All’alba uscì, si inginocchiò sulla sabbia, e continuò a pregare. Allora due lontre balzarono fuori dall’acqua, si stesero di fronte a lui, gli scaldarono i piedi con il loro fiato e si misero ad asciugarlo con la loro pelle. Quando ebbero finito, ricevettero la sua benedizione e scivolarono di nuovo nel mare.

San Rocco e il cane

Proveniente da una ricca famiglia di Montpellier San Rocco in giovane età decise di entrare tra le fila del terzo ordine francescano e di recarsi in pellegrinaggio a Roma.  Al suo ritorno, sulla strada per Piacenza si accorse di essere stato colpito dalla peste. Di sua iniziativa o forse scacciato dalla gente si allontana dalla città e si rifugia in un bosco vicino Sarmato, in una capanna vicina al fiume Trebbia. Qui un cane lo trova e lo salva dalla morte per fame portandogli ogni giorno un tozzo di pane, finché il suo padrone, seguendo le sue tracce, scopre il posto dove si era rifugiato San Rocco. Per questo motivo San Rocco viene spesso raffigurato con un cane al seguito.

San Benedetto e il corvo

Nell’agiografia sul santo di Norcia redatta da Papa San Gregorio Magno (precisamente nel secondo libro dei Dialoghi) si racconta di un episodio significativo della vita del monaco di cui è protagonista un corvo.

L’immagine del corvo rimanda al secondo tentativo di avvelenamento di San Benedetto. L’episodio narra di come il sacerdote Fiorenzo, “istigato dallo spirito maligno” e bruciante “d’invidia per i progressi virtuosi dell’uomo di Dio” inviò a San Benedetto, mentre si trovava in eremitaggio, un pane avvelenato. Arrivata l’ora di mangiare e scoperto l’inganno, San Benedetto, comandò ad un corvo che “veniva abitualmente dalla vicina selva […] e beccava poi il pane dalle mani di lui” di raccogliere quel pane e gettarlo in un luogo dove nessun altro avrebbe potuto cibarsene. 

San Kevin e la nutria

San Kevin di Glendalough è stato un monaco irlandese, priore dell’abbazia di Glendalough, che visse tra il 498 e il 618. Visse da eremita per ben 7 anni e durante questo periodo di totale isolamento San Kevin soleva immergersi nel lago e pregare. Di lì a poco sbucava una nutria che gli portava del pesce. Un’altra volta il Vangelo gli cadde nel lago e la stessa nutria glie lo riportò in mano. Durante un periodo di carestia, quando San Kevin ebbe fondato la prima comunità,  i monaci riuscirono a sopravvivere grazie all’intervento miracoloso della nutria, che portò loro ogni giorno del salmone dal lago. Tuttavia quando uno dei monaci pensò di fare della nutria un manto di pelle per coprirsi questa li abbandonò per sempre, non ripresentandosi più.

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