I cristiani praticanti sono più felici dei non praticanti e dei non religiosi, lo scopre il Pew Research Center in una nuova analisi basata su dati provenienti da diversi paesi del mondo. Chi va a Messa è anche più impegnato nella carità e in comportamenti sani.

Si parla di “persone religiose”, in realtà lo studio che presentiamo è svolto in Paesi a dominanza cristiana (e cattolica). Gli stessi autori precisano, infatti: «I paesi analizzati sono per lo più nazioni a maggioranza cristiana, in Europa e nelle Americhe, sebbene l’analisi includa anche alcuni paesi e territori africani e asiatici, come il Sud Africa, la Corea del Sud ed il Giappone».

La conclusione è che i fedeli praticanti, che partecipano attivamente alla Messa e alla vita parrocchiale, tendono ad essere più felici, più civicamente impegnati e meno attivi in comportamenti dannosi e anti-sociali, rispetto agli adulti non affiliati ad alcuna religione o ai credenti non praticanti.

Una fede attiva è correlata a livelli più alti di felicità e altruismo.

La nuova indagine ha suddiviso il campione in tre categorie: le persone “attivamente religiose”, cioè coloro che si recano a Messa e partecipano ai sacramenti (almeno una volta al mese); le persone “credenti nominali”, coloro che rivendicano un’identità religiosa ma non frequentano e non praticano (chiamati anche “inattivi”); e le persone “religiosamente non affiliate”, cioè coloro che non si identificano in alcuna religione organizzata.

Il primo dato che emerge è che «questa analisi rileva che negli Stati Uniti ed in molti altri paesi, la partecipazione regolare ad una comunità cristiana è chiaramente collegata a livelli più elevati di felicità e impegno civico (in particolare, il voto durante le elezioni e l’adesione a gruppi di carità o organizzazioni di volontariato). Ciò potrebbe suggerire che le società con livelli decrescenti di coinvolgimento religioso, come gli Stati Uniti, potrebbero essere a rischio di declino nel benessere personale e sociale».

Soltanto negli Stati Uniti, il 58% degli adulti attivamente cristiani è attivo in organizzazioni di volontariato, gruppi di beneficenza, club sportivi o sindacati. Al contrario, lo è il 51% dei credenti nominali e il 39% dei non affiliati religiosamente.

Il secondo fattore rilevante dall’indagine è che negli Stati Uniti e negli altri paesi studiati, «le persone attivamente religiose hanno meno probabilità rispetto ad altre di impegnarsi in determinati comportamenti, come fumare e bere alcolici». Non si riscontra una correlazione diretta tra il praticare più attività fisica e l’obesità, tuttavia i credenti praticanti godono, in generale, di buona salute.

La pace sgorga quando l’esistenza si giudica alla luce di un Significato tangibile.

I ricercatori non spiegano il motivo di questa positiva correlazione tra una fede vissuta con coscienza e una migliore felicità ed un più alto impegno civico, «l’esatta natura delle connessioni tra partecipazione religiosa, felicità, impegno civico e salute rimane poco chiara e richiede ulteriori studi», scrivono.

La risposta proviamo a darla noi ed è piuttosto semplice. Innanzitutto, si dimostra che non è la stessa cosa, non è uguale credere o non credere, non è indifferente vivere attivamente la fede piuttosto che limitarsi a difendere un’identità cristiana nazionalistica. Soltanto chi si coinvolge nella comunità cristiana, vive la parrocchia e i Sacramenti sperimenta la profonda possibilità della pace. Questo perché costruisce la sua esistenza sulla roccia della presenza tangibile di Dio e sperimenta una unità di coscienza, una semplicità unificante nel percepire, sentire e giudicare l’esistenza alla luce di un Significato. Tutto viene valorizzato, tutto si connette, nulla scandalizza e nessun aspetto della realtà è rinnegato (il dolore, la sofferenza, l’ingiustizia ecc.). Questa è la promessa che vive, già ora, la comunità cristiana, i cui effetti oggettivi sono riscontrati anche in studi scientifici come questo.

Per completezza di informazione citiamo il responso delle ricerche più recenti: le coppie sposate che frequentano assieme la Messa, vivono più a lungo, hanno meno probabilità di essere depresse e meno probabilità di divorziare (30-50% in meno), secondo la Harvard School of Public Health. Su JAMA Psychiatry, invece, si legge che le donne americane che frequentano la celebrazione religiosa almeno una volta alla settimana (o più), hanno cinque volte meno probabilità di suicidarsi rispetto a quelle che non si recano mai in chiesa. Infine, le statistiche dell’indice di felicità nazionale della Gran Bretagna hanno suggerito che i cristiani erano tra le persone più felici della nazione, mentre coloro che non si identificano in una particolare religione hanno generalmente ottenuto tassi più bassi di soddisfazione.

Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali

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