Il mito del vampiro ha origini antiche che però sono molto misteriose, e gli stessi studiosi non sono di opinione unanime al riguardo. Si può però dire che l’immagine moderna del vampiro, sorta con la letteratura e rafforzatasi col cinema, ha le sue radici in testimonianze seicentesche e settecentesche provenienti per lo più da zone dell’est Europa. I resoconti di epidemie di vampirismo divennero così frequenti da introdurli come tema di dibattito culturale nei più disparati ambienti, anche dei paesi occidentali.
Il tema fu affrontato su diversi piani, da quello strettamente scientifico a quello teologico. Quest’ultimo campo fu particolarmente interessato dalle discussioni sul vampirismo durante il XVIII secolo. La teologia si poneva il problema del morto che tornava a fare del male ai vivi per diversi motivi, in particolare perché il fenomeno poteva avere naturalmente un impatto sulle concezioni dell’aldilà all’interno delle varie chiese.
Ma la credenza nei vampiri aveva anche un peso sociale molto più concreto, visto che spesso causava tumulti che si concludevano con la distruzione di salme sospette.
Fondamentalmente i racconti che giungevano fin nelle grandi città europee riguardavano persone che venivano visitate e spesso aggredite da individui che si credevano ormai defunti e sepolti e salme che, una volta dissotterrate, si presentavano in ottimo stato di conservazione.
All’interno della Chiesa cattolica esistevano diverse posizioni, da quelle che vedevano nel ritorno dei morti un’azione del diavolo a quelle più scettiche che liquidavano il tutto come frutto di suggestione e normali fenomeni naturali. Questo filone scettico divenne però rapidamente dominante, al punto che già negli anni ’40 papa Benedetto XIV si era impegnato a smontare quella che considerava sicuramente una superstizione.
Già nella sua opera “De servorum Dei beatificatione et Beatorum canonizatione” il papa aveva spiegato che le persone di senno non credevano a queste storie, non essendosene mai trovata prova certa, e che le condizioni in cui venivano ritrovati i cadaveri erano ormai spiegabili alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche.
Più tardi citerà questo suo scritto anche in una lettera all’arcivescovo di Leopoli (allora Polonia, oggi Ucraina), che incaricò, non senza fare della pungente ironia, di sradicare questa superstizione e di punire gli eventuali preti che secondo i sospetti del papa potevano aver contribuito alla diffusione di queste storie per farsi pagare messe ed esorcismi:
“La gran libertà di Polonia è dessa certamente che vi accorda il diritto di passeggiar dopo la morte (*). Qui, v’accerto, li nostri morti si stanno quieti e silenziosi, e non saria bisogno di sbirri o di bargello se non avessimo altri da temere. L’imperatrice Regina d’Ungheria ha dovuto disingannarvi intorno li Vampiri da voi detti Eupiri. Il Sig. Vanswieten di lei Medico, cui deesi credere perché uomo dottissimo, ci fa sapere che la rubicondità di certi cadaveri non ha altra causa che una certa terra che li gonfia e li colorisce.
Voi avete in Kiovia assaissimi cadaveri del tutto incorrotti, e che uniscono alla morbidezza delle membra il volto rubicondo. A questo proposito, dissi nella mia opera della canonizzazione de’ Santi, che la incorruzione de’ corpi non dee riguardarsi come prodigio. Tocca a voi come Arcivescovo lo sradicare queste superstizioni: scuoprirete con l’andare alla sorgente esservi forse de’ Preti che le accreditano, per obbligare il popolo naturalmente credulo a pagar loro degli esorcismi e delle messe. Vi raccomando espressamente di interdire senza dilazione coloro che si trovassero rei di tale prevaricazione; e vi prego a persuadervi che in questa faccenda li vivi soli sono li rei”
La lettera del pontefice ottenne l’effetto sperato a contribuì ad eliminare credenze e pratiche legate ai vampiri.
A metà del secolo la posizione scettica, che considerava i vampiri frutto dell’immaginazione delle persone, era oramai la posizione ufficiale della Chiesa.