Il santo africano che soleva ripetere: “Meglio morire che mettere a rischio la vita della gente”

Africa. Non ha accettato una mazzetta e, perciò, ha pagato con la vita il suo gesto. È una storia di forte attualità ed evangelico coraggio quella che vede protagonista Floribert Bwana Chui, giovane congolese, membro della Comunità di Sant’Egidio, ucciso a Goma nel 2007, all’età di 26 anni.

Nato nel 1981 nell’est della Repubblica Democratica del Congo, intelligente, carico di idealità e voglia di cambiare il mondo, Floribert si impegna nella Chiesa locale, si avvicina alla politica, infine si iscrive a Giurisprudenza, convinto che il diritto possa essere la base di quella giustizia sociale che tanto gli sta a cuore.

Nel 2000 conosce la Comunità di Sant’Egidio e incomincia a dedicare il tempo libero ai bambini di strada e alla scuola della pace animata dalla Comunità.

Una volta laureatosi, per lui si spalancano le porte di una possibile carriera all’estero. Ma Floribert preferisce restare nella sua terra, pur se squassata dalla violenza.

Diventa responsabile dell’ufficio della dogana di Goma dove, fino a quel momento, regnava la corruzione: il suo arrivo coincide con un deciso cambio di rotta. Un mese prima di morire fa distruggere una partita di riso avariato: riceve, per questo, pressioni anche da parte di autorità pubbliche per chiudere un occhio e incassare una tangente in premio. Lui, però, rimane inflessibile: «La salute della gente vale più del denaro».

Una fermezza che gli costerà la vita: viene attirato in un agguato, torturato e ucciso. Il 22 novembre 2016 a Goma il vescovo Théophile Kaboy ha aperto il processo per la causa di beatificazione di Floribert.

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