Martino di Porres nasce il 9 dicembre 1579 a Lima, capitale dell’allora viceregina del Perù, eretto nel 1542 con i territori conquistati tra il 1531 e il 1535 al leggendario e favoloso impero degli Incas, il Tawantinsuyo. E’ figlio di Anna Velazquez, nera panamegna, ex schiava, e di Giovanni Torres, spagnolo di Burgos, membro dell’ordine militare di Alcantara. Questi, come tanti suoi coetanei, era emigrato nel nuovo continente in cerca di ricchezza e di prestigio sociale. A Panama aveva conosciuto la giovane Anna e le aveva promesso il matrimonio, promessa mai mantenuta. 

Nel 1579 la coppia si trasferisce a Lima, dove il cavaliere sistema la giovane, incinta in una casupola di periferia. Lì nascono Martino e, nel 1581, Giovanna (entrambi battezzati nella vicina chiesa di San Sebastiano, presso la stessa fonte battesimale dove, nel 1586, verrà battezzata Isabel Flores Oliva, la futura Santa Rosa da Lima). 

Inviato dal viceré di Guayaquil, in Ecuador, nel 1587, Giovanni porta con sé i suoi due figli, che solo ora riconosce legalmente, per dare loro un’istruzione adeguata. Ma il fatto che i figli siano “mulatti” li colloca in una posizione necessariamente inferiore nella rigida struttura sociale dell’impero coloniale spagnolo e non favorisce la carriera del padre. Questi, nominato governatore di Panama, rimanda immediatamente Martino, ormai tredicenne, a Lima e affida la bambina alle cure di Diego de Miranda. Martino, probabilmente già cosciente del limitato spazio sociale che gli viene riservato, addirittura inferiore a quello degli schiavi neri liberati, entra come apprendista in una specie di farmacia ambulatorio nel quartiere di san Lazzaro.

In seguito passa nel negozio di un barbiere (tra l’altro anche chirurgo, medico e farmacista). 

Nel 1584, già conosciuto e rispettato per la sua abilità e la straordinaria bontà nel trattare con tutti quelli che ricorrono al suo ambulatorio, decide di abbandonare il secolo offrendosi ai domenicani come candidato a fratello di terz’ordine, i cosiddetti “Donati”. Nella struttura della vita religiosa di allora, dove la posizione sociale e canonica del fratello coadiutore si confondeva quasi con quella di una semplice persona di servizio, la situazione del donato era ancora più umile, non essendo nemmeno considerato membro dell’ordine religioso a pieno titolo.

 Fu Santo Toribio de Mogrovejo, primo arcivescovo di Lima, che fece discendere lo Spirito sul suo cuore oscuro, cuore che il Signore stava rendendo umile e mansueto.

Dopo nove lunghi e duri anni di prova, il 2 giugno del 1603, viene ufficialmente ammesso tra i fratelli coadiutori, e gli viene consentito di emettere i voti solenni, nel convento di nostra Signora del Rosario. 

Grazie alla sua inesauribile attività il convento si trasforma, suo malgrado, in un nuovo e diverso ospedale; contrariamente a quelli che esistevano a Lima, nei quali ogni categoria sociale aveva il suo spazio, rigidamente differenziato, l’ospedale di Martino accoglie tutti, senza distinzione di mezzi o di razza. Obbligato dal superiore a liberare le celle indebitamente occupate, Martino convince la sorella a cedergli la sua casa. Lì, con l’aiuto dell’ex maestro Mateo Pastor, fonda un orfanotrofio esistente ancora oggi. 

Nel 1639, sfinito dall’intensa attività – le poche ore di riposo che si concede ogni giorno, rubate alla carità e alla contemplazione, sommate alle penitenze fisiche che si impone, finiscono per minare il suo organismo – viene colpito dal tifo. Muore il 3 novembre, considerato santo e potente taumaturgo da tutti, ricchi e poveri, bianchi e non bianchi del viceregno del Perù.

Un lungo processo il cui decreto di introduzione porta alla sua beatificazione sotto Gregorio XVI, il 29 ottobre del 1837. Nel 1962 fu riconosciuto santo da Papa Giovanni XXIII. 

La sua festa viene celebrata il 3 Novembre.

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