Il Paese dove la persecuzione anti-cristiana è la più estrema di tutti è, per il diciottesimo anno consecutivo, la Corea del Nord. I dati di Open Doors parlano di un numero di cristiani nei campi di lavoro a causa della loro fede che va dalle 50 mila alle 70 mila unità

Non a caso i rapporti diplomatici fra Santa Sede e Corea del Nord sono nulli. E lo dimostra il fatto che il primo e l’ultimo vescovo nord-coreano “scomparve” misteriosamente nel lontano 1949. 

Francis Hong Yong Ho fu infatti il primo e ultimo vescovo della Diocesi di Pyongyang che la Corea del Nord abbia mai avuto. 

Ben poco si sa sulla sua vita. Nacque a Pyongyang il 12 ottobre del 1906 e venne ordinato sacerdote il 25 maggio del 1933.

Undici anni dopo la sua ordinazione venne nominato Vicario Apostolico di Heijo da Papa Pio XII, era il 1944. Quello stesso anno venne consacrato primo e ultimo vescovo della Diocesi di Heijo. 

Dopo soli cinque anni Hong Yong Ho fu arrestato dal regime comunista di Kim Il-Sung e scomparve poco tempo dopo, molto probabilmente morì in uno dei campi di concentramento dove svolse lavori forzati.

Il 10 marzo del 1962 Papa Giovanni XXIII elevò il vicariato apostolico a diocesi con il nome di Diocesi di Pyongyang a capo della quale nominò lo scomparso vescovo Yong Ho. Questo gesto fu soprattutto un segno di protesta contro la politica del regime nordcoreano, trasformando monsignor Hong Yong-ho, in un simbolo della persecuzione contro i cattolici nella Corea del Nord e in generale nei regimi comunisti.

Da allora, e fino al giugno 2013, l’annuario pontificio continua ad indicarlo come vescovo di Pyongyang, sebbene lo consideri “disperso”.

In un’intervista del 2006 il cardinale Nicholas Cheong Jin-suk dichiara che:

«Non si hanno notizie di sacerdoti sopravvissuti alle persecuzioni intervenute alla fine degli anni Quaranta, quando 166 tra preti e religiosi furono uccisi o rapiti. L’Annuario Pontificio continua a segnalare come «disperso» quello che all’epoca era il vescovo di Pyong-Yang, monsignor Francis Hong Yong-ho, che oggi avrebbe cento anni. È un gesto della Santa Sede per segnalare il dramma che ha vissuto e ancora vive la Chiesa in Corea[1]

Dal 2017 è in corso la causa di beatificazione per Monsignor Yong-ho e altri 77 martiri nordcoreani scomparsi durante la persecuzione religiosa avvenuta durante il regime comunista nordcoreano di Kim Il-Sung fra cui si contano 2 vescovi, 48 sacerdoti, 3 seminaristi, 7 suore e 21 laici. 
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