Ecco perché Papa Francesco ha voluto ricordare una storia che circolava in Curia sul conto di San Giovanni Paolo II e un misterioso senzatetto che si rivelò essere un suo vecchio compagno di seminario.

Papa Francesco non è stato il primo Papa ad aver avuto compassione per i senzatetto, come egli stesso ha affermato in una sua intervista del 2014 rilasciata alla rivista italiana gestita da senzatetto Scarp de Tenis.

Alla domanda su come viva il suo rapporto con le persone più disagiate, Papa Francesco ha fatto riferimento ad una storia poco conosciuta che riguarda San Giovanni Paolo II e un misterioso senzatetto.

Ecco il passaggio dell’intervista:

Domanda: Santità, quando incontra un senza tetto qual è la prima cosa che gli dice?

In Vaticano è famosa la storia di una persona senza dimora, di origine polacca, che generalmente sostava in piazza Risorgimento a Roma, non parlava con nessuno, neppure con i volontari della Caritas che la sera gli portavano un pasto caldo. Solo dopo lungo tempo sono riusciti a farsi raccontare la sua storia: «Sono un prete, conosco bene il vostro Papa, abbiamo studiato insieme in seminario». La voce è arrivata a San Giovanni Paolo II che sentito il nome, ha confermato di essere stato con lui in seminario e ha voluto incontrarlo. Si sono abbracciati dopo quarant’anni, e alla fine di un’udienza il Papa ha chiesto di essere confessato dal sacerdote che era stato suo compagno. «Ora però tocca a te», gli disse il Papa. E il compagno di seminario fu confessato dal Papa. Grazie al gesto di un volontario, di un pasto caldo, a qualche parola di conforto, a uno sguardo di bontà questa persona ha potuto risollevarsi e intraprendere una vita normale che lo ha portato a diventare cappellano di un ospedale. Il Papa l’aveva aiutato, certo questo è un miracolo ma è anche un esempio per dire che le persone senza dimora hanno una grande dignità. Nell’arcivescovado a Buenos Aires sotto a un androne fra le grate e il marciapiede abitavano una famiglia e una coppia. Li incontravo tutte le mattine quando uscivo. Li salutavo e scambiavo sempre due parole con loro. Non ho mai pensato di cacciarli via. Qualcuno mi diceva: «Sporcano la Curia», ma la sporcizia è dentro. Penso che bisogna parlare alle persone con grande umanità, non come se dovessero ripagarci di un debito e non trattarli come fossero poveri cani.

Condividi questo articolo