La Congregazione della Madre della Misericordia nasce intorno alla devozione dell’icona di Maria Madre della Misericordia. Una copia di questa icona di Maria Madre della Misericordia è nella Cappella Lituana nelle Grotte Vaticane, e san Giovanni Paolo II andò giù a venerarla subito dopo l’elezione a Pontefice. Poi, andò alla Porta dell’Aurora durante il suo viaggio a Vilnius 25 anni fa. Papa Francesco non tornerà alla Porta dell’Aurora, ma andrà direttamente al Santuario della Divina Misericordia.

Ed è lì che il quadro originale della Divina Misericordia è conservato. Il santuario è stato fondato e consacrato nel 2004. Prima, era la Chiesa della Santa Trinità, che fu chiusa e sconsacrata durante il Regime Sovietico. L’ultimo parroco prima della chiusura fu padre Michael Sopocko. Era il direttore spirituale di Santa Faustina Kowalska, colui che la incoraggiò a scrivere un diario, e che fece in modo che l’Immagina della Divina Misericordia fosse dipinta.

Per farlo, scelse Eugeniusz Kazimirowski, un artista che tra l’altro si proclamava non credente. Ci vollero circa sei mesi perché il quadro fosse terminato, e Suor Faustina e padre Sopocko seguirono i lavori passo dopo passo. Poi, Suor Faustina dettò l’iscrizione, “Jezu Ufam Tobie”, Gesù io confido in te, che fu inserita in una targa aggiuntiva. Quindi, il quadro fu appeso nella chiesa di San Michele a Vilnius, dopo padre Sopocko era parroco. Ed è lì che per circa 11 anni è stato adorato.

Il comunismo era alle porte. Nel 1948, le autorità comuniste chiudono la chiesa di San Michele. Il quadro viene privato della cornice e della targa, acquistato in modo illegale da un operaio lituano, e recuperato da due donne, una polacca e una lituana, che portano la tela avvolta in un rotolo fuori dalla chiesa, la tengono in soffitta, e poi la portano nella Chiesa del Santo Spirito. Lì il dipinto viene nascosto dal parroco, don Jan Ellert, nell’archivio sul retro della chiesa.

Il quadro non viene ritrovato fino al 1956, quando don Jozef Grasewicz, un amico di padre Sopocko, torna a Vilnius dopo aver trascorso degli anni di reclusione in un campo di lavoro sovietico, e decise di recuperare l’immagine. Poi, la porta con sé a Nowa Ruda, in Bielorussia, dove aveva ripreso l’incarico di parroco, e pone il quadro nella chiesa, senza dire niente della sua origine. E lì il quadro resta per circa 30 anni.

Finché, nel 1970, le autorità non decidono di trasformare la chiesa in un magazzino. Svuotano la chiesa delle suppellettili, ma il quadro resta lì, perché non c’è una scala abbastanza lunga per toglierlo dalla parete dell’altare centrale. Padre Sopocko lo viene a sapere, ma non può fare nulla, e nemmeno don Grasewicz riesce a trasferire il quadro, e nessun sacerdote ha il coraggio di fare qualcosa. Così, l’immagine del Gesù Misericordioso resta in una chiesa di legno abbandonata.

È lì che supera indenne il comunismo. Padre Sopocko non vedrà mai realizzato il suo desiderio di esporre il quadro alla Porta dell’Aurora, dove fu esposto per la prima volta nel 1935.

Fu Tadeusz Kondrusiewicz, oggi arcivescovo di Minsk, e allora vicario del Santuario della Porta dell’Aurora, a riportare il quadro in Lituania. Ritenendo irrealizzabile la proposta di esporlo al Santuario della Porta dell’Aurora, e propone di appendere il quadro nella chiesa del Santo Spirito.

Ma tutto questo succede solo nel 1986. Viene fatta una copia del quadro per non insospettire le autorità bielorusse, e viene sostituito l’originale con una copia e così il quadro può arrivare intatto a Vilnius.

Lì, è passato inosservato per anni, ha subito interventi che hanno intaccato l’originalità, fino al 2001, quando la Congregazione delle Suore di Gesù Misericordioso crea una nuova sede a Vilnius e si prende definitivamente cura del quadro.

Dalla chiesa di Santo Spirito, il quadro è stato poi spostato nella chiesetta adiacente della Santa Trinità per volere del Cardinale Audrys Juozas Backis. Ed è questa chiesetta, riconsacrata come santuario della Divina Misericordia, che custodisce l’originale del quadro di Santa Faustina.

Di Andrea Gagliarducci, ACI Stampa

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