Si chiamava Annone e fu un dono del re del Portogallo a Leone X de’ Medici, all’inizio del Cinquecento. Divenne un’attrazione esotica celebrata dalle cronache e un modello per la storia dell’arte!

L’incredibile scoperta

Nel 1962, alcuni operai che stavano facendo dei lavori di manutenzione in Vaticano rinvennero un osso e alcuni frammenti di una mandibola di un grosso animale.

Passata l’eccitazione iniziale per il ritrovamento di questi resti non accadde nulla per almeno venti anni, finché un professore della Smithsonian Institution di Washington, scoprì che si trattava dei resti di Annone, l’elefante albino di Leone X, del quale molte cronache del tempo avevano parlato.

L’affetto di un Papa per un elefante

Il 15 Marzo del 1516, salì al soglio di Pietro Giovanni di Lorenzo de’ Medici, che fu incoronato Papa con il nome di Leone X. Come era solito allora, le corti di tutta Europa inviavano degli sfarzosi regali al nuovo successore di Pietro. L’allora monarca del Portogallo, Manuel I d’Aviz, come segno di rispetto e sottomissione all’autorità della Chiesa decise di inviare a Roma un’ambasciata.

Annone in uno schizzo di Raffaello Sanzio

Il Portogallo aveva conquistato vasti domini in India, nell’Asia orientale, in Africa; ed altri ambiva di conseguirne nelle Americhe; per avallare la legittimità di queste acquisizioni era indispensabile il beneplacito del successore di San Pietro.

Tra i doni, oltre ai tessuti, all’oro, manoscritti rari e scimmie vi era un’elefante albino di quattro anni: Annone.

Proveniente dall’India si sa poco sul suo conto. Pare fosse stato acquisito o addirittura ricevuto in dono dal Re di Cochin,  base militare e centro nevralgico del commercio delle spezie, in India.

Perché Annone?

Incuriositi dalla maestosità dell’animale, alcuni chiesero all’addestratore quale nome avesse la strana creatura, “aana” (elefante) fu la risposta, che storpiato diventò Annone, in onore del generale cartaginese attivo nella Prima Guerra Punica contro Roma e come il famoso esploratore e navigatore, sempre cartaginese, vissuto nel VI sec. a.C. che si spinse fino al golfo di Guinea.

Cosa raccontano le “cronache vaticane”?

Dalle cronache dell’epoca sappiamo che al cospetto del sommo pontefice Annone, barrendo e danzando, s’inginocchiò per tre volte, in segno di omaggio, strofinandogli la proboscide sulle pantofole; poi, obbedendo ad un cenno del suo custode indiano, aspirò l’acqua da un secchio spruzzandola addosso a tutti, Papa compreso.

Dove mettevano un pachiderma in Vaticano?

Dopo essere stato collocato temporaneamente in una struttura nei pressi del cortile del Belvedere, Annone venne trasferito definitivamente in un edificio appositamente costruito nelle vicinanze di Borgo Sant’Angelo, tra la Basilica di San Pietro e il Palazzo Apostolico, in un tratto di strada che da allora fu ribattezzato via dell’elefante.

La cura dell’animale, il cui mantenimento costava la cospicua somma 100 ducati l’anno, fu affidata al Protonotario Apostolico Giovanni Battista Branconio, ricordato nei documenti di quell’epoca con questa mansione “Pro Elephante, referente ex.mo Barone [Branconio]”.


Oltre a lui, però, la custodia di Annone era riservata alla ristretta cerchia di “favoriti” del Papa, prendersi cura dell’elefante era considerato un segno di prestigio. La fortuna toccò, ad esempio, a Raffaello Sanzio, che pare lo abbia dipinto dopo la morte, opera che non si è conservata, ma della quale abbiamo una descrizione fatta da Francisco de Hollanda tra il 1539 e il 1540. Stessa fortuna toccò anche al poeta Pietro Aretino, che ne fece argomento della sua commedia satirica “Le ultime volontà e testamento di Annone, l’elefante”.

Dove venne sepolto?

Come testimonia l’accidentale scoperta avvenuta nel 1962, Annone fu sepolto con tutti gli onori all’interno del Cortile del Belvedere.

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