“Non essere timido! Vai a giocare con gli altri bambini, dai.”. Dice il classico papà al parco. Bene, questa è una delle cose peggiori che possiate dire ai vostri figli. Non dobbiamo mai forzare i nostri bambini a non essere timidi. E’ importante invece stimolarli attraverso gesti educativi positivi perché possano acquisire sicurezza nel rapporto con gli altri e con sé stessi.

E’ normale e frequente che vostro figlio sia timido, soprattutto nei suoi primi anni di vita. Poco a poco, con il vostro aiuto riuscirà a superare questa situazione di impasse. E non vi sorprendete se dovessero apparire altri episodi, soprattutto se il bambino si ritrova ad affrontare situazioni nuove e sconosciute. 

La timidezza non è altro che un concentrato di ansietà o paura di fronte a certe situazioni. I bambini timidi di solito lo sono in presenza di persone estranee, sia adulti sia bambini, o nei momenti in cui sentono di essere al centro dell’attenzione.

Il bambino timido di solito vuole socializzare ma non sa in che modo reagire, ricadendo nell’ansia. Questa può portarlo spesso a fuggire da certe situazioni, accentuandone la timidezza e arrivando addirittura ad assumere un atteggiamento cronico. 

Come reagiscono i bambini timidi?

  1. Hanno un conflitto interiore. I bambini timidi comunicano la loro ansietà e il loro conflitto interiore attraverso dei comportamenti come il tenersi a distanza, evitare il contatto visivo, fuggire, chiudere gli occhi, rimanere immobili.
  2. Cercano rifugio nella madre. Di fronte ad estranei, cercano rifugio nella figura della mamma, si nascondono dietro a lei e non rispondono alle domande che gli vengono poste.
  3. Di fronte agli estranei. Quando si si imbattono in persone che non conoscono i bambini tendono a non sapere cosa fare, cercano di passare inosservati, non sanno cosa dire, sono impacciati. Si sentono bloccati e incapaci di comportarsi in maniera rilassata e naturale. 

Egocentrismo fino ai 3 anni

Alcuni esperti segnalano che i bambini fino ai due e ai tre anni vivono la timidezza come parte del loro sviluppo. Vivono in una fase egocentrica. Quindi, pur stando con altri bambini, non socializzano con loro. E solo dopo aver compiuto tre anni che i bambini iniziano a interagire con i loro coetanei.

Dai tre anni, infatti, lo sviluppo cognitivo dei bambini gli permetterà progressivamente di considerare il punto di vista dell’altro, captare e sintonizzare con i sentimenti dei suoi coetanei, abilità che saranno fondamentali per una buona interazione sociale.

Quando deve preoccuparci la sua timidezza?

Dobbiamo preoccuparci quando la timidezza impedisce al bambino di sviluppare normalmente le sue attività. Quando, pur essendo trascorso del tempo, ad esempio dopo un mese di scuola, il bambino non si è ancora adattato alle nuove situazioni o ai suoi nuovi compagni. 

Altrettanto importante è capire se la timidezza del bambino interferisce significativamente nei suoi rapporti sociali o nel suo rendimento scolastico, che può manifestarsi attraverso il pianto ripetuto, mancanza di linguaggio spontaneo, fuggire dalle situazioni, disturbi somatici, tendenza a passare inosservato…

La timidezza si eredita o si impara dai genitori?

J. Eysenck, uno dei più importanti studiosi della personalità sostiene l’ipotesi che esista una connessione causale fra le funzioni biologiche del cervello e le dimensioni basilari della personalità, ovvero, che l’essere introversi o estroversi dipenda dai nostri geni.

Non dimentichiamo che esistono dei fattori, tra cui il comportamento dei genitori, che possono contribuire allo sviluppo delle insicurezze del bambino:

  • Il disprezzo, ad esempio.
  •  L’insicurezza o il timore di non essere amato (questo può succedere quando il genitore è impaziente o irritabile). 
  • Genitori estremamente rigidi, critici ed esigenti: questo può provocare nel bambino una frustrazione nel non saper rispondere alle aspettative dei suoi genitori.
  • Genitori iper-protettivi: trasmettono insicurezze al bambino.
  • Genitori troppo estroversi: che in qualche modo forzano il bambino ad essere in un determinato modo.
  • Scarsa socievolezza dei genitori: non hanno amici, sono a loro volta timidi, scappano dal rapportarsi.
  • Aver vissuto esperienze negative con altri coetanei. 
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