Negli ultimi anni questa domanda è stata sempre più impellente e si crede con certezza che il Vaticano accumuli tesori senza dare niente in cambio al mondo.

APSA

Quando si parla di tesori del Vaticano ci si riferisce al patrimonio immobiliare e artistico di cui è proprietario. Il patrimonio è posseduto dall’APSA, che è l’organo a cui spetta di amministrare i beni di proprietà della Santa Sede destinando così i fondi necessari all’adempimento delle funzioni della Curia romana. La Segreteria per l’Economia si occupa invece di vigilare le finanze di ognuno dei Dicasteri presenti così come sull’APSA.

Dalla COSEA, la commissione interna voluta da Papa Francesco per fare luce sulle finanze del Vaticano, ha rivelato che il patrimonio immobiliare che appartiene alla Santa Sede avrebbe un valore stimato di 4 miliardi di euro, ma che serve proprio per far funzionare gli uffici della curia romana e che “frutta” soltanto 88 milioni di euro.

Qui non parliamo di “tesori” del Vaticano ma di beni immobili legalmente posseduti dalla Santa Sede, non sono stati rubati e tantomeno saccheggiati. Queste cifre, inoltre, se vengono paragonate alle grandi economie del mondo o alle grandi corporation il termine “tesori” del Vaticano svanisce immediatamente.

Cosa fa la Chiesa Cattolica per i poveri?

Molti si domandano: perché la Chiesa non vende le sue opere per sfamare i poveri del mondo? Qui la domanda parte con il piede sbagliato perché se andiamo a vedere cosa realmente fa la Chiesa per la povertà non pochi riformulerebbero la domanda. Infatti, la Chiesa Cattolica nel corso dei secoli ha di fatto sostituito l’azione sociale pubblica che sarebbe dovuta ricadere sugli stati. Il servizio della carità ha sempre visto al centro della propria missione le vedove, gli orfani, gli sciavi, i malati, i bambini, gli anziani, vale a dire, quelle categorie da sempre più deboli.  Inoltre, la questione andrebbe contro lo stesso mandato di Cristo, quindi contro la stessa essenza della Chiesa.

Alcuni esempi? II Concilio di Nicea, infatti, nel 325 d.C. stabilì che ogni Vescovato e Monastero dovesse istituire in ogni città ospizi per pellegrini, poveri, malati. Già la Cesarea, Antiochia ed Alessandria ebbero fama di veri e propri centri sanitari. La Chiesa di Antiochia, in particolare durante il tempo di San Giovanni Crisostomo, soccorreva migliaia di poveri di ogni tipo. Ma il complesso assistenziale più conosciuto e meglio dotato fu quello organizzato da San Basilio nel IV secolo poco fuori la città di Cesarea, in Cappadocia, dove anche qui trovavano rifugio poveri, malati, bambini abbandonati e ogni tipo di indigente.

Se l’Oriente cristiano era stato il più celere a muoversi nel creare “generiche” strutture assistenziali, l’Occidente gli stette però a ruota (S. Girolamo attribuisce a Fabiola la creazione del primo nosocomio in Roma sul finire del IV secolo) interessandosi soprattutto di assistenza ai malati.

La regola di S. Benedetto, “Infirmorum cura ante omnia et super omnia adhibenda est”, fu costantemente applicata in tutte le abbazie benedettine, ed esemplari furono quelle di Montecassino e Salerno, in cui accanto alla infermeria dei frati era previsto lo “hospitale pauperum et pelegrinorum” per gli esterni.

Più avanti troviamo San Camillo de Lellis -iniziatore di un’opera simile a quella della Croce Rossa Internazionale- o San Vincenzo dè Paoli, che esercitò la carità in tutti gli ambiti pastorali e fondò le Figlie della Carità al servizio dei poveri e ispiratrice più avanti di congregazioni religiose simili. O San Giuseppe Calasanzio che aprì a Roma nel 1597 una scuola totalmente gratuita per i bambini più poveri.

Le nuove forme di povertà nate durante la Rivoluzione Industriale del XIX portarono molte congregazioni religiose ad andare incontro alle necessità di quelle classi dilaniate e disagiate. Ai bambini abbandonati, alle prostitute, agli anziani, agli infermi, agli operai oppressi, all’insegnamento gratuito, alla promozione del ruolo della donna si occuparono santi come San Giovanni Bosco, Giuseppe Cottolengo, il vescovo Ketteler o innumerevoli laici come Ozanam o Hermel, per non parlare di Madre Teresa di Calcutta.

L’Arte è patrimonio dell’Umanità

Molti dei tesori che possiede il Vaticano sono principalmente artistici, fanno parte del patrimonio storico della Chiesa, quindi è da chiarire se la bellezza sia buona o cattiva, se abbia qualche funzione per la vita dell’uomo.

Si potrebbe dire che la bellezza muove lo spirito. Fa bene all’anima. Pregare davanti a una bella immagine non può non ispirare da dentro l’uomo. In quanto l’uomo è anche creatura spirituale, l’arte non è altro che una delle manifestazioni più alte dello spirito umano, lo eleva e lo dignifica.

La storia fa parte del nostro essere: attraverso l’arte rimaniamo uniti alle nostre radici.

I Musei Vaticano dimostrano che la Chiesa ha sempre avuto a cuore la cultura e tutte le manifestazioni dello spirito umano, arrivando ad essere la migliore protettrice dell’arte, della scienza e della cultura in generale.

Il valore di questo patrimonio quindi è essenzialmente culturale, che a volte però viene malamente identificato come avente un valore economico. E questo include anche gli oggetti di culto.

Indipendenza delle diocesi

Ognuna delle 2800 diocesi sparse nel mondo è un’entità serata sia giuridicamente ed economicamente, vale dire, che possiede i propri beni immobili come quelli mobili e che gestisce tutte le sue risorse economiche. Questo afferma come il Vaticano sia a sua volta un’ente per conto proprio.

Lo stesso vale per le proprietà dei 296 ordini religiosi sparsi nel mondo. Sono loro i proprietari e gli amministratori dei beni immobili. Quindi non appartengono al Vaticano.

Il Vaticano ha pure delle proprietà, circa 2000. Si tratta per lo più di edifici e abitazioni, affittati a ufficiali del Vaticano (lavoratori interni) a prezzi inferiori rispetto a quelli del mercato. In altre parole: non sono un benefit.

Nunziature

Le Nunziature Apostoliche nel mondo sono 113 e per funzionare hanno bisogno di oltre 30 milioni l’anno di investimenti.

I guadagni del Vaticano provengono essenzialmente da donazioni (circa 85 milioni di dollari l’anno) e dai biglietti venduti dei Musei Vaticani, circa 130 milioni di euro l’anno.

 

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