Molto prima dei mezzi di comunicazione di massa, quando ancora poche persone sapevano leggere e scrivere, uno scrivano di nome Adamnan scrisse la biografia di San Colombano, cui è attribuita la conversione dei Pitti, nell’attuale Scozia.

Secondo questa biografia San Colombano, durante i suoi viaggi nei territori dei Pitti avvenuti nel 565 circa, arrivò sul fiume Ness e mandò uno dei suoi compagni sull’altra riva a prendere una barca là ormeggiata malgrado che al suo arrivo avesse trovato sulla spiaggia alcuni indigeni che seppellivano un uomo “morso con malvagità” e gettato a riva da un mostro acquatico mentre stava nuotando. Armato di fiducia e coraggio l’inviato di San Colombano era appena giunto a metà percorso quando un mostro, disturbato dal nuotatore, gli si avventò contro con “un grande ruggito e la bocca spalancata”. 

Il santo ordinò prontamente alla creatura di andarsene (“Vattene subito!”), facendo scappare il mostro terrorizzato “più velocemente che se fosse trainato con corde”.

Poi, osservando questo, [San Colombano] alzò la sua mano santa…, e invocando il nome di Dio fece il segno della croce in aria e si rivolse al mostro feroce dicendo: “Non andare oltre, non toccare quell’uomo; torna indietro di corsa”. Alla voce del santo, il mostro rimase terrorizzato e se ne andò più rapidamente che se fosse stato tirato indietro con delle corde.

I fratelli, vedendo che il mostro si era ritirato e che il loro compagno Lugne era tornato nella barca sano e salvo, rimasero colpiti e ammirati, e resero gloria a Dio in quell’uomo beato. E perfino i pagani barbari lì presenti vennero costretti dalla grandezza di questo miracolo, che avevano testimoniato essi stessi, a magnificare il Dio dei cristiani.

Infatti nei secoli seguenti si affermò la tradizione che nel lago vivesse un “cavallo acquatico” (come in altri laghi scozzesi), e un viaggiatore del XVII secolo raccontava di un isola galleggiante che appariva e scompariva, mentre per generazioni i bambini di quel posto vennero avvertiti di non giocare troppo vicino all’acqua.

L’episodio è considerato da molto il primo resoconto mai scritto sul mostro di Loch Ness.

Ora però, un gruppo di esperti internazionali che hanno studiato a fondo la questione Loch Ness, hanno scoperto che in realtà il “mostro” sarebbe in realtà una anguilla gigante. 

In una conferenza stampa a Drumnadrochit del 5 settembre 2019, paese sul celebre lago, il team di scienziati, guidati dall’esperto di genetica Neil Gemmell dell’Università di Otago in Nuova Zelanda, ha rivelato di avere trovato nell’acqua tracce del Dna di anguille. «Non possiamo escludere la possibilità che a Loch Ness ci siano anguille giganti e che la gente le abbia viste e descritte come il mostro del lago», ha detto Gemmell.

Le loro ricerche e analisi dimostrano che la teoria dell’esistenza di una creatura vivente nel lago scozzese è plausibile e non solo frutto di fantasia. Le anguille migrano dal mar dei Sargassi vicino alle isole Bahamas e percorrono cinquemila chilometri per raggiungere i fiumi e i laghi della Scozia.

Condividi questo articolo