Durante l’XI secolo la Chiesa ebbe la grazia di avere tra le sue fila un grande monaco santo, teologo, vescovo e latinista nonché Dottore della Chiesa.

Pier Damiani nacque a Ravenna nell’anno 1007 ed era ultimo di sei figli. Rimase orfano di genitori molto presto, ricadendo in uno stato di povertà assoluta assieme ai suoi fratelli.

Ecco perché si chiama San Pier “Damiani”

Il suo nome ha origine proprio durante la sua fanciullezza. Fu infatti suo fratello maggiore, Damiano, arciprete che riuscì a dargli tutti gli strumenti per la sua formazione ed educazione, che svolgerà nella città di Faenza. Fu proprio in onore a suo fratello che si volle chiamare “Damiani”, cioè di Damiano.

Uno dei maggiori latinisti del tempo

Durante i suoi anni di formazione e di studio si distinse immediatamente per i suoi talenti, soprattutto per quel che concerneva lo studio della lingua latina, ancora usata a quel tempo. Divenne “uno dei migliori latinisti del suo tempo, uno dei più grandi scrittori del medioevo latino” (J. Leclercq, Pierre Damien, ermite et homme d’Église, Roma 1960, p. 172).

Ma la sua vera vocazione non la scoprì fino a quando non conobbe due monaci camaldolesi.

Camaldolesi

La congregazione camaldolese dell’Ordine di San Benedetto è una congregazione monastica cattolica fondata tra il 1024 e il 1025 da San Romualdo, monaco benedettino.

Fu così che Pier Damiani decise di farsi monaco presso i camaldolesi di Fonte Avellana (di cui parlerà Dante nella Divina Commedia)

Divenne priore del monastero

Nel 1043 i suoi confratelli lo elessero priore del monastero e il santo stese una Regola in cui sottolineava l’importanza del «rigore dell’eremo» e definiva la cella monastica come il «parlatorio dove Dio conversa con gli uomini».

Scrisse la Vita del fondatore, san Romualdo di Ravenna, e s’impegnò al tempo stesso ad approfondirne la spiritualità, esponendo il suo ideale del monachesimo eremitico.

Contro gli abusi sessuali nella Chiesa e la pratica della Sodomia:

San Pier Damiani ammoniva severamente i sacerdoti che tradivano il celibato e che si dedicavano alla simonia. All’epoca, infatti, era molto diffusa la pratica del nicolaismo, una dottrina eretica che professava il libertinaggio e il consumo di carni di animali sacrificati agli idoli. Tale dottrina, durante il Medioevo, fu particolarmente attiva nella regione della Lombardia e in particolare all’interno della Chiesa Ambrosiana. Fu in questo periodo che scrisse il Libro gomorriano (o Libro di Gomorra) sui peccati relativi alla morale sessuale, tra cui denunciò con grande fermezza la sodomia.

Fu nominato cardinale e molti papi lo volevano come collaboratore:

Fu nominato Cardinale e Vescovo di Ostia entrando così pienamente in collaborazione con i Papi nella non facile impresa della riforma della Chiesa. Ha visto che non era sufficiente contemplare e ha dovuto rinunciare alla bellezza della contemplazione per portare il proprio aiuto nell’opera di rinnovamento della Chiesa. Ha rinunciato così alla bellezza dell’eremo e con coraggio ha intrapreso numerosi viaggi e missioni.

Rinuncia alla nomina vescovile

Per il suo amore alla vita monastica, dieci anni dopo, nel 1067, ottiene il permesso di tornare a Fonte Avellana, rinunciando alla diocesi di Ostia. Ma la sospirata quiete dura poco: già due anni dopo viene inviato a Francoforte nel tentativo di evitare il divorzio di Enrico IV dalla moglie Berta; e di nuovo due anni dopo, nel 1071, va a Montecassino per la consacrazione della chiesa abbaziale e agli inizi del 1072 si reca a Ravenna per ristabilire la pace con l’Arcivescovo locale, che aveva appoggiato l’antipapa provocando l’interdetto sulla città. Durante il viaggio di ritorno al suo eremo, un’improvvisa malattia lo costringe a fermarsi a Faenza nel monastero benedettino di Santa Maria Vecchia fuori porta, e lì muore nella notte tra il 22 e il 23 febbraio del 1072.

Fu proclamato Dottore della Chiesa nel 1828 da Papa Leone XII

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