Il Cantico delle creature (o Laudes creaturarum) denominato anche Cantico di Frate Sole (o Canticum Fratris Solis) è l’atto di nascita della letteratura italiana.

Il Cantico di Frate Sole è l’unico testo redatto nella nuova lingua; e, circostanza non secondaria, esso si colloca nell’ultimo anno di vita di Francesco. L’assunzione alla scrittura della lingua parlata si presenta allora come una decisione di grande rilievo, non per l’evento letterario che rappresenta, ma anche perché sottintende la volontà di dire qualcosa di essenziale, si presenta come un’ammonizione, un’esortazione, rivolta ai confratelli, nel momento in cui l’ordine procedeva, almeno in parte, su strade lontane dalla intenzioni originarie, indicando dove doveva essere diretta la predicazione francescana, vale a dire, agli strati più semplici e indotti del “popolo dei fedeli”. La novità e l’eccezionalità del Cantico sta proprio nella scelta di fissare per iscritto, in lingua “volgare”, una preghiera di “lode” al Signore, in forma di prosa rimata, abbastanza vicina alle sequenze liturgiche latine e, come queste, divisa anch’essa in versetti assonanti fra loro, introducendo un primo esempio di poesia religiosa “volgare”, destinata all’ascolto e alla comprensione di un pubblico laico illetterato.

Il Cantico infatti è una preghiera di “lode” al Creatore, cui coralmente partecipa tutto il creato, i quattro elementi della natura, il sole, la luna e le stelle del firmamento (vv. 1-22); ed è una preghiera “penitenziale” di fronte al pensiero della morte e del destino ultraterreno (vv. 23-33). Il testo segue uno schema ritmico fisso ed è strutturalmente organizzato sul tipo dei versetti biblici assonanzati, presenti in particolare nei Salmi, la cui serie finale, dedicata alle Laudes (molto popolari perché ripetute nella liturgia), ha certamente fornito più di un elemento per la creazione del Cantico. Il linguaggio è una forma di “volgare” che tendeva però a superare i confini del dialetto locale e a proporsi come sopra-regionale.

Entrando nell’analisi più specifico del testo vediamo come dal v. 5 al v. 22 si svolge l’inno di “lode” a Dio a cui partecipano coralmente tutte le “creature” dell’universo, come “sorelle” e “fratelli”, uniti dallo stesso vincolo di profonda e serena devozione per il padre comune. La successione dei partecipanti al coro di “lode” è scandita dalla ripetizione della formula Laudato si’, mi’ Signore, ricalcata sul Laudate Dominum dei Salmi. Traspare in san Francesco il sentimento di serena simbiosi con cui egli concepisce il rapporto con la natura. Per la coscienza critica moderna, il Cantico è un testo di indiscutibile valore poetico-letterario. Ma certamente molto limitata fu la sua fortuna antica e la sua diffusione manoscritta.

Il Cantico e la comunicazione della fede

Il Cantico è un irreprensibile, cristallino trattato teologico. A torto lo si è interpretato come un testo “panteista”. Il cosmo e la natura si guardano bene dal fondersi e dal dissolversi in Dio; e Dio dal fondersi e dal dissolversi in loro. Esso, come abbiamo detto, è scritto in lode del Creatore, e in lode dell’uomo, che tra le creature è la somma, la più amata, ma che pur sempre resta creatura, sorella pertanto di tutte le altre. Nel Cantico l’uomo è il destinatario dei doni del Signore, e per questo lo ringrazia attraverso la lode e contemplando il Creatore e la sua creazione. Il messaggio che il Cantico vuole trasmettere all’uomo è che i danni causati dalle “strutture del peccato” (San Giovanni Paolo II) all’uomo e al creato dall’avidità dello stesso uomo, possono essere redenti solo se l’uomo si apre al Cristo Risorto; il solo capace di dare vita a relazioni nuove anche con il Creato.

In esso tutte le creature sono viste in modo positivo. Si potrebbe dire che tutti gli elementi elencati nel testo rappresentino il sistema enciclopedico di tutta la realtà cosmica allora concepita. La lode al Signore trova inizio con l’ammirazione degli astri, dei quali sono sottolineate la bellezza ed utilità: al Sole è dedicata la maggior attenzione, perché porta in modo particolare significatione di Dio. Al vento e ad ogni variazione del tempo non sono collegati grandi eventi distruttivi, ma essi sono lodati e descritti per quel che sono, fonte di sostentamento per le creature; il vento anche in questo caso è simbolo di Dio, il simbolo del soffio creatore che sostiene tutte le cose nell’essere. Anche l’acqua è vista come “utile” e “pretiosa”; la sua umiltà e castità inoltre la caratterizzano come mezzo di purificazione, nei sacramenti del battesimo e della penitenza. Il fuoco trova importanza come fonte di luce e di calore e, in chiave simbologica cristiana rappresenta lo Spirito Santo (richiamandosi alla Pentecoste).

Infine la terra è la madre che nutre tutte le creature, da cui dipendiamo in modo vitale. Quindi la terra non è soltanto utile, ma bella Francesco ribadisce più avanti il carattere divino della creazione anche nei suoi aspetti materiali, assumendo una posizione contraria a quella dei catari, eretici che in quegli stessi anni sostenevano che Dio aveva creato la realtà spirituale, mentre la realtà materiale era di origine demoniaca. San Francesco polemizza anche contro la mentalità mercantile dell’epoca che andava rapidamente diffondendosi e per la quale la natura era da sfruttare a fini economici. Da qui Francesco passa al tema della morte, anch’essa sorella: nessun uomo la può evitare e, per l’uomo in stato di grazia, anch’essa sarà un fatto positivo, il passaggio alla vera vita con Dio.

La più antica stesura del Cantico di Francesco che si conosca: quella riportata nel Codice 338, f.f. 33r – 34r, sec. XIII, custodito nella Biblioteca del Sacro Convento di San Francesco, Assisi

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