Molte delle cose che sappiamo su San Benedetto da Norcia sono grazie a lui
Benedetto da Norcia con la sua vita e la sua opera ha esercitato un influsso fondamentale sullo sviluppo della civiltà e della cultura europea. La fonte più importante sulla vita di lui è il secondo libro dei Dialoghi di S. Gregorio Magno. Non è una biografia nel senso classico. Secondo le idee del suo tempo, egli vuole illustrare mediante l’esempio di un uomo concreto – appunto di san Benedetto – l’ascesa alle vette della contemplazione, che può essere realizzata da chi si abbandona a Dio. Quindi ci dà un modello della vita umana come ascesa verso il vertice della perfezione. San Gregorio Magno racconta anche, in questo libro dei Dialoghi, di molti miracoli compiuti dal Santo, ed anche qui non vuole semplicemente raccontare qualche cosa di strano, ma dimostrare come Dio, ammonendo, aiutando e anche punendo, intervenga nelle concrete situazioni della vita dell’uomo. Vuole mostrare che Dio non è un’ipotesi lontana posta all’origine del mondo, ma è presente nella vita dell’uomo, di ogni uomo.
Castel Sant’Angelo
In quel tempo Roma era afflitta da una terribile pestilenza. Per implorare l’aiuto divino, Gregorio fece andare il popolo in processione per tre giorni consecutivi alla basilica di Santa Maria Maggiore, cosa che, ovviamente, aumentò i contagi (ma allora non si sapeva). Cessata l’epidemia, più tardi una leggenda disse che, durante la processione, era apparso sulla mole Adriana l’arcangelo Michele che rimetteva la spada nel suo fodero come per annunziare che le preghiere dei fedeli erano state esaudite. Da allora la tomba di Adriano mutò il nome in quello di Castel Sant’Angelo, e una statua dell’angelo vi fu posta sulla cima.
Il sogno di evangelizzare la Britannia
Trattò con molti paesi europei; con il re visigoto Recaredo di Spagna, convertitosi al Cattolicesimo. Fu, anche, in continui rapporti e in eccellenti relazioni con i re franchi. Con l’aiuto di questi e della regina Brunchilde riuscì a tradurre in realtà quello ch’era stato il suo sogno più bello: la conversione della Britannia, che affidò ad Agostino di Canterbury, priore del convento di Sant’Andrea.
A questo proposito si racconta che un giorno, scendendo dal suo convento sul Celio e vedendo sul mercato alcuni giovani schiavi britannici esposti per la vendita, bellissimi di aspetto e pagani, esclamasse rammaricato: “Non Angli, ma Angeli dovrebbero esser chiamati…”
In meno di due anni diecimila Angli, compreso il re del Kent, Edelberto, si convertirono. Era questo un grande successo di Gregorio, il primo della sua politica che mirava ad eliminare gli avversari della Chiesa e ad accrescere l’autorità del papato con la conversione dei “barbari“.
Il canto gregoriano
Mentre non si sa se abbia scritto egli stesso dei canti (i manoscritti più antichi contenenti i canti del repertorio gregoriano risalgono al IX secolo), la sua influenza sulla Chiesa fece sì che questi prendessero il suo nome.
A tal proposito si cita la famosa leggenda di S. Gregorio Magno, tramandata da un intellettuale longobardo della corte di Carlo Magno (Paul Warnefried, detto Paolo Diacono) e da un gruppo di illustrazioni di vari manoscritti che vanno dal IX al XIII secolo: Gregorio avrebbe dettato i suoi canti ad un monaco, alternando tale dettatura a lunghe pause; il monaco, incuriosito, avrebbe scostato un lembo del paravento di stoffa che lo separava dal pontefice, per vedere cosa egli facesse durante i lunghi silenzi, assistendo così al miracolo: una colomba (che rappresenta naturalmente lo Spirito Santo), posata su una spalla del papa, gli stava a sua volta dettando i canti all’orecchio.
Magno e Dottore della Chiesa
Il Papa S. Gregorio, che fu Vescovo di Roma tra il 590 e il 604, e che meritò dalla tradizione il titolo di “Magnus”, fu uno dei più grandi Padri nella storia della Chiesa, uno dei quattro dottori dell’Occidente.