John Bradburne, nato in Gran Bretagna, e morto nello Zimbabwe 40 anni fa potrebbe essere il primo santo del paese africano, e il secondo inglese ad essere canonizzato dopo il Beato Newman, 140 anni dopo.
La storia di questo laico che spese la sua vita per i lebbrosi è davvero affascinante. Nato in Gran Bretagna nel 1921 da genitori anglicani, deve la sua conversione al cattolicesimo ai monaci benedettini con i quali condivise una esperienza religiosa durante la Seconda Guerra Mondiale.
Prolifico poeta, dopo la sua conversione visse da pellegrino facendo spola tra l’Inghilterra, l’Italia e il Medio Oriente.
Nel 1956 vide la sua vocazione al laicato e decise così di intraprendere il suo cammino tra le fila del Terzo Ordine Francescano Secolare.
Quindi, scrisse al suo amico gesuita Padre John Dove, che allora si trovava in Zimbabwe, chiedendogli se esistesse una “grotta in Africa dove poter pregare”.
Poco dopo il suo arrivo nel 1962 confidò ad un prete francescano di avere tre desideri: servire le persone malate di lebbra, morire martire ed essere sepolto secondo il metodo francescano.
John aveva sempre più chiara la sua missione: aiutare i malati di lebbra. Venne nominato custode di uno di questi centri, a Mutemwa. La sua cura amorevole e sincera verso i lebbrosi fece scaturire molte divergenze con il comitato direttivo del centro. Venne addirittura licenziato perché non sopportava il fatto che i malati portassero al collo un numero identificativo e che gli si riducessero i pasti, già scarni allora.
Decise, anche se licenziato, di andare a vivere in un prefabbricato di lamiere privo di acqua e servizi igienici pur di stare accanto ai suoi lebbrosi.
Dopo lo scoppio della guerra nello Zimbabwe, grazie alla quale il paese ottenne l’indipendenza dalla Gran Bretagna, John Bradburne veniva visto da molti come una spia del governo britannico. Un suo amico sacerdote, Don Fidelis Mukonori, racconta gli ultimi attimi di vita di Fratel John: “Non sei sicuro qui, John. Stai per essere ucciso”. Il missionario laico, in quel momento smise di suonare il flauto, sua grande passione, lo guardò e scrollando le spalle riprese a suonare. Alcuni giorni dopo, il 5 settembre del 1979, venne ucciso. Gli fu intimato di abbandonare il paese, ma egli si rifiutò. Così venne rapito, torturato e assassinato accusato di essere una spia del governo britannico. Alcuni testimoni oculari raccontano che prima di morire si inginocchiò e pregò i suoi assassini di non fargli abbandonare i lebbrosi di Mutemwa, piuttosto avrebbe preferito morire.
Ora il centro di cura per i lebbrosi di Mutemwa è diventato una sorta di luogo di pellegrinaggio. Migliaia di persone si riversano qui ogni anno.
Baba John, così lo chiamavano i suoi lebbrosi, arrivò senza nulla e se ne andò senza nulla, portando con sé soltanto tanto amore. Soleva dire a chi rimaneva sconcertato dalle sue azioni: “Dal giorno in cui ho posato gli occhi su queste persone, ho scoperto anche io di essere un lebbroso tra la mia gente.” Baba John si sentiva apprezzato dalla sua gente, sentiva che stava facendo del bene.
“Per decenni John si occupò di queste persone. Quando giunse tra loro non vi erano medicine, tutto era sporco. Mancavano vestiti e la gente aveva fama. Baba John si prese cura dei bisogni di tutti: nutrire le persone, lavare e bendare le nostre piaghe” racconta Colleta Matufa alla BBC, 78 anni e una delle poche persone sopravvissute alla lebbra grazie a Baba John.
Fratel John nei suoi sonetti e poesie si descrive come il “Vagabondo di Dio”, sempre eccentrico, questo futuro santo sicuramente ci farà riflettere su quanto amore siamo disposti a dare, anche quando manca tutto.
Il Vaticano ha da poco approvato l’apertura della causa di canonizzazione di John Bradburne