Avvenire ha riportato che in Italia, in un mese e mezzo, 100 sacerdoti e religiosi diocesani cattolici sono morti a causa del COVID-19. Di questi, quattro hanno perso la vita durante la Settimana Santa, e a questo elenco non è stato comunque aggiunto quello ancora più lungo dei consacrati e delle suore.

Il quotidiano ha inoltre messo in evidenza cinque tratti che questi sacerdoti avevano in comune.

5 tratti in comune

Il primo è la popolarità: la maggior parte dei sacerdoti è morta perché è rimasta tra la gente, il loro primo pensiero non è stato quello di salvarsi.

Il secondo è l’ubiquità, intesa come presenza costante nelle comunità, all’interno delle quali il sacerdote è custode della memoria condivisa, e colui che partecipa attivamente al passaggio di testimonianze e valori tra generazioni.

Il terzo è la lealtà verso un luogo: alcuni pastori sono rimasti in una comunità per quasi 40 anni.

La quarta caratteristica è l’umiltà del loro stile di servizio, nel più assoluto occultamento, fino alla morte.

L’ultimo tratto è la loro testimonianza preziosa, che ha portato le comunità a considerare queste persone indispensabili; questo accade quando la distanza forzata, o la morte, ci priva di qualcuno che ci ha sempre amato, restandoci vicino.

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